Nella mattinata odierna, in provincia di Terni, i militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale hanno dato esecuzione a due ordinanze restrittive agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico nei confronti di due persone originarie di Viterbo, una sessantenne e un trentenne rispettivamente madre e figlio, poiché allo stato attuale ritenuti responsabili di estorsione aggravata in concorso.
L’attività d’indagine è scaturita nell’estate scorsa a seguito della denuncia di scomparsa di un cinquantenne residente in un paese della bassa Tuscia. La madre aveva allertato le forze dell’ordine poiché nell’allontanarsi il figlio, convivente con i genitori aveva chiaramente minacciato il suicidio a seguito di alcune telefonate di un sedicente avvocato e di un altrettanto giudice. L’uomo veniva ritrovato dopo poche ore di ricerche, ma i carabinieri del Comando Provinciale appuravano subito che lo stesso era vittima di richieste estorsive, tali da spingerlo a pensare di ricorrere ad un insano gesto. Gli autori delle minacce, viterbesi già noti con diversi precedenti penali, avevano conosciuto “virtualmente” la vittima ad inizio 2022 tramite Facebook, facendogli credere di aver intrecciato una relazione sentimentale con una donna avvenente, ma in realtà inesistente. Attraverso il profilo fake opportunamente creato, i due avevano avanzato continue richieste di denaro con le più svariate scuse, diventate via via sempre più insistenti. Di fronte al diniego di versare ulteriori somme di denaro i due sono passati a minacce di azioni di giudiziarie nei suoi confronti, accusandolo pretestuosamente di aver costretto alla prostituzione la donna immaginaria; per tal motivo il giorno stesso della scomparsa avevano contattavano la vittima sul telefono di casa spacciandosi prima per un avvocato e poi per un giudice, mettendo in comprensibile agitazione gli anziani genitori con cui avevano interloquito, ai quali avevano fatto credere falsamente che il figlio si fosse reso responsabile di qualche azione criminosa.
Durante le indagini veniva inoltre scoperto che i due arrestati, dopo essersi resi conto che la vittima non si era più piegata ai loro ricatti, erano riusciti a rivolgere le loro attenzioni con il medesimo modus operandi nei confronti di altri due cinquantenni, sempre dimoranti nella Tuscia, cui con le stesse modalità e minacciandoli anche di divulgare foto compromettenti avevano iniziato ad estorcere del denaro.
In entrambi i casi le persone arrestate hanno scelto vittime che per la loro peculiare situazione affettiva erano al momento sole, ritenendole particolarmente vulnerabili; approfittando della loro momentanea solitudine e debolezza, avrebbero dapprima carpito della loro buona fede per farsi versare del denaro (attualmente sono state accertate dazioni indebite per circa 25.000 euro), inventando stati di bisogno ed indigenza; successivamente, quando si rendevano conto che le vittime non erano più propense ad elargire, cambiavano registro e passavano alle minacce, ponendo quindi in essere vere e proprie estorsioni, simulando anche interventi di autorità immaginarie per incutere maggiore timore.
La Procura di Viterbo ha quindi richiesto l’emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale sulla base dei gravi indizi di reato emersi, cui ha concordato l’ufficio del G.I.P. che ha emesso la misura restrittiva eseguita dai carabinieri nella data odierna.
Si ritiene che vi siano altre persone adescate dai soggetti attualmente indagati, soprattutto nel periodo immediatamente successivo alla pandemia, che per moltissimi mesi ha reso più difficili i contatti tra le persone, approfittando della solitudine di molti e della paura e della vergogna che possano aver ingenerato nelle loro malcapitate vittime.
PRESUNZIONE DI INNOCENZA
Il soggetto indagato è persona nei cui confronti vengono fatte indagini durante lo svolgimento dell’azione penale; nel sistema penale italiano la presunzione di innocenza, art 27 Costituzione, è tale fino al terzo grado di giudizio e la persona indagata non è considerata colpevole fino alla condanna definitiva
Il presente comunicato viene inoltrato su autorizzazione della Procura della Repubblica di Viterbo, dato l’interesse pubblico alla divulgazione della notizia.