“A una settimana dalla cerimonia di assegnazione, la seconda edizione del Premio Città di Tarquinia “Vasco Palombini” continua a riscuotere il meritato successo per la qualità del progetto, “Orizzonte terra”, curato da Lorenzo Fiorucci, nonché per gli artisti messi in campo, riecheggiando sulle maggiori testate giornalistiche d’arte, indifferenti al polverone sollevato sui social locali dai soliti noti sulla performance attivata da un giovane artista, secondo una pratica che nei musei e nei maggiori spazi d’arte contemporanea di tutta Europa è cosa vista sin dagli anni ’70.
Michele Rava, classe 1991, nato a Torino dove ancora oggi vive e lavora, in apertura del vernissage della mostra all’auditorium San Pancrazio, ha voluto dar vita e senso alle sue sculture rompendo la mera staticità dell’oggetto, con una esperienza performativa frutto della sua ricerca in campo artistico, che non ha nulla di blasfemo, ma anzi scaturisce con grande profondità dall’attenzione alla spiritualità umana. L’opera con cui si è presentato al premio, “Relazioni”, consta di 15 pezzi in ceramica colombina, elementi naturali che riproducono la “shringataka”, meglio nota come “castagna d’acqua”, un piccolo frutto in origine cresciuto in acqua, che contiene nelle sue forme la dualità come nell’ambiguità delle forme relazionali.
Il progetto artistico dello scultore torinese è stato fornito ai giudici e rimane a disposizione di quanti hanno visitato o visiteranno la mostra all’auditorium San Pancrazio per spiegarne il significato e l’integrazione tra performance e opera d’arte. Per tali motivi, la perplessità di chi oggi vede il video fatto circolare sui social senza la complementarità dell’opera è in parte comprensibile, poiché quello che va valutato non è il nudo, ma la performance artistica, l’aspetto concettuale ed esperienziale. Il video isolato non rende comprensibile la progettualità di Rava. Una lettura superficiale se da un lato mortifica l’opera scultorea, dall’altro è lesiva dell’immagine dell’artista stesso.
Tommaso Cascella, uno dei componenti della giuria, accademico di San Luca e membro di una dinastia con 5 generazioni di artisti, seduto accanto a me durante la performance ha confessato di aver capito a fondo l’opera solo in quel momento. Il premio, in sole due edizioni, è cresciuto molto di livello, propugnando una forma alta d’arte ceramica che ha dimostrato di svolgere appieno il ruolo intrinseco nella contemporaneità, cioè di scuotere le coscienze, ma riuscendo evidentemente anche ad alimentare facili livori. Forse l’esperienza di Sebastian Matta negli anni ’70 era prematura per Tarquinia, ma oggi non ci sono più scusanti per non crescere.
Per quanto mi riguarda l’aspetto deludente, anzi deplorevole, è l’assoluta mancanza di rispetto verso un uomo in primis, ma soprattutto verso un artista. Non intendo rispondere ai commenti superficiali ed eccessivi che circolano sul web, non servirebbe a nulla, né tanto meno ad articoli di sedicenti giornalisti a cui non affiderei neanche la pubblicazione della lista della spesa, ma a cui va riconosciuto un merito, quello di irrorare d’oro tutto ciò che tentano di infangare e, viceversa, di portare alla minima percentuale di apprezzamento quello che vogliono promuovere. Chiudo confidando che all’indomani della cerimonia, una voce autorevole come quella di Claudio Capotondi mi ha informato che se fosse stato lui in giuria, avrebbe fatto vincere Michele Rava, non solo per il valore della performance ma per la qualità e la perizia tecnica delle sue opere. Che dire: è solo Capotondi!”.
Alessandra Sileoni Presidente della Società Tarquiniense d’Arte e Storia (Stas)