A distanza di oltre un mese non accenna a spegnersi quella che è stata battezzata come la “protesta dei trattori”.
Partita dalla Francia e dalla Germania, si è poi estesa all’Italia dove, come accade per qualsiasi movimento spontaneo, i partiti politici hanno gareggiato per metterci la propria bandiera.
E pensare che sono proprio le scelte politiche degli ultimi anni che hanno fatto nascere il movimento, con buona pace di quanti oggi si mostrano al fianco degli stessi agricoltori.
Ma andiamo con ordine, perchè la disinformazione dei giornali e delle lobby dell’industria agroalimentare si sono impegnate molto per creare confusione e non far capire le ragioni reali della protesta.
All’inizio si è detto che il motivo della rabbia degli agricoltori era il via libera della Commissione Europea alla possibilità di produrre e vendere “carne coltivata” all’interno dell’Unione.
Poi si è scritto che la protesta nasceva per l’autorizzazione alla produzione e alla vendita degli insetti e dei loro derivati per consumo umano.
Quindi si è passati alle limitazioni sull’uso dei diserbanti e dei loro principi attivi (molti dei quali cancerogeni o potenzialmente cancerogeni). Infine si è detto che i trattori scendevano in piazza contro l’obbligo imposto dalla PAC di tenere a riposo, comunque dietro remunerazione, il 4% della superficie coltivata.
Bene. Questo è quello che è passato su tanti servizi televisivi e su tanti giornali nazionali al solo scopo, a nostro avviso, di alzare polvere e non far capire i veri motivi della protesta.
Ferme restando le convinzioni di ognuno sulla opportunità o meno di mangiare carne coltivata e insetti, ma è davvero questo il problema delle aziende agricole europee? In fondo il settore agricolo vanta una gamma di prodotti talmente vasta che gli agricoltori, ai quali peraltro non viene impedito di coltivare carne e insetti, potranno continuare a coltivare e allevare ciò che risulta essere più vantaggioso. Saranno poi i consumatori, e il mercato, a decidere quali scelte siano state economicamente più vantaggiose.
Per capire il vero motivo della protesta occorre tenere conto di quando ha avuto inizio. In Italia, come in altri stati europei, essa ha coinciso con l’arrivo dei saldi del pagamento della domanda unica PAC e con l’entrata in vigore delle misure nazionali in termini di tassazione.
Per quanto riguarda il premio PAC, ad esempio, questo è stato pari al 40% in meno di quanto percepito dalle aziende nell’anno precedente, a fronte di un aggravio normativo, in termini di obblighi e impegni in materia di sostenibilità ambientale, piuttosto gravoso.
in materia fiscale, invece, oltre alla notizia del taglio delle agevolazioni sul gasolio agricolo (già in vigore in Germania e in altri stati e previsto nel 2026 in Italia), le nostre aziende si sono trovate di fronte alla reintroduzione della tassazione Irpef sui terreni agricoli, alla eliminazione della decontribuzione INPS per i giovani agricoltori, al taglio del credito di imposta del 20% sugli investimenti innovativi e all’obbligo di stipulare le assicurazioni anche per i trattori e i mezzi agricoli fermi in azienda o utilizzati solo come punti di produzione di energia.
Insomma, un incremento della pressione fiscale che, sommata ai mancati introiti del premio PAC e agli aumenti dei costi delle materie prime e dei costi di gestione, ha innescato la protesta sacrosanta di coloro che, con il loro lavoro, producono cibo e fanno manutenzione costante del territorio.
Quindi la carne coltivata e la farina di insetti saranno pure buoni motivi di dissenso, ma i veri motivi della protesta sono altri.
Cosa chiedono gli agricoltori? Cose concrete, come il loro lavoro.
Innanzitutto una semplificazione della PAC, con criteri sanzionatori da riscrivere e attenuare. In fondo agli agricoltori viene riconosciuto il ruolo di sentinelle del territorio e dell’ambiente, e a breve sarà approvata in Italia la legge che ne riconosce il ruolo di “custode”. Perchè dunque vessare e trattare da “ladri” chi si prende cura del territorio?
Poi va sicuramente vietato l’ingresso in Italia di prodotti agroalimentari che non rispettano gli standard produttivi italiani ed europei, sia in termini di utilizzo di pesticidi, sia in termini di condizioni di lavoro. in questo modo si porrà un freno ad una forma di concorrenza sleale, tanto subdola quanto dannosa, per il nostro comparto agricolo.
Andrà sicuramente mantenuta l’agevolazione fiscale sul gasolio agricolo, così come l’esenzione irpef sui terreni coltivati. Le assicurazioni contro gli eventi calamitosi, sempre più frequenti, dovranno essere di più facile accesso, e sarà necessario avviare un confronto con la GDO, per arrivare a contratti di filiera che garantiscano agli agricoltori un prezzo minimo garantito per i prodotti alimentari.
Infine gli agricoltori chiedono a gran voce di mettere in campo le risorse del secondo pilastro della PAC, ovvero quelle misure legate ai Piani di Sviluppo Rurale che le Regioni italiane tengono nel cassetto inspiegabilmente, negando risorse finanziarie importanti alle aziende.
In definitiva tutte richieste chiare, giuste, di buon senso.
TRL