I Signori del vento, dopo aver condizionato la UE, quindi il Parlamento italiano ed i mass media
nazionali con particolare riferimento alle TV pubbliche e private, grazie al sostegno di associazioni
ambientaliste favorevoli alle FER ad ogni costo e in ogni dove, hanno prima invaso l’Italia
meridionale ed insulare, per poi dirigere la loro azione nel Centro Italia, a partire dalla Tuscia
viterbese nell’Alto Lazio con successivi tentativi di espansione in atto nella Maremma grossetana
in Toscana e in Umbria nell’Orvietano e sull’Appennino.
Non hanno però fatto i conti con le comunità locali, dove comitati spontanei e organizzati,
associazioni, singoli cittadini ed aziende, hanno messo a soqquadro i progetti caratterizzati da
impianti eolici industriali (non chiamiamoli “parchi“, per favore) con enormi torri alte
generalmente 200 metri.
Si tratta di persone non affette da sindrome NIMBY, ma consapevoli della incompatibilità di questi
progetti rispetto alle caratteristiche di territori vocati al turismo, alle produzioni agricole di qualità,
alla tutela e valorizzazione del paesaggio e degli ambienti naturali, alle preoccupazioni per
l’occupazione di nuovo suolo e per la svalutazione dei patrimoni immobiliari, alla ricerca continua
di iniziative improntate alla sostenibilità in armonia con le comunità locali e nel rispetto degli atti
di pianificazione territoriale ed urbanistica in capo alle Regioni ed ai Comuni.
La forte mobilitazione delle comunità locali costituisce un elemento inatteso per coloro che
davano per scontato il ricorso alle FER quale iniziativa fondamentale per le esigenze di
decarbonizzazione e per la sicurezza energetica dopo la vicenda del gas russo.
Niente di più discutibile e strumentale, come oramai sta emergendo sui territori, ove è sempre più
evidente il fine speculativo degli impianti a FER, la cui iniziativa imprenditoriale si configura come
un vero e proprio atto di colonizzazione di aree a bassa densità demografica, distruttiva delle
identità territoriali e compromissoria dei progetti a dimensione locale, oltre che costosa per le
bollette dei cittadini.
Condividiamo e sosteniamo le iniziative dal basso, ove i comitati della Tuscia, della Maremma e
dell’Umbria hanno sollevato vibranti proteste costringendo le istituzioni locali ad aprire gli occhi su
quanto stava accadendo e a correre ai ripari, premendo a loro volta su regioni, organi
parlamentari e organizzazioni di categoria.
In base ai progetti sino ad oggi presentati sono state previste centinaia di mega torri eoliche che
determineranno enormi impatti visivi da decine di chilometri su scala sovracomunale e
interregionale, laddove oggi predominano paesaggi tradizionali quali risorsa autentica e non
ripetibile del Bel Paese, mentre la risorsa vento di cui avrebbero bisogno gli impianti eolici è meno
della metà di quella esistente nel Nord Europa.
Da Orbetello a Manciano e Pitigliano, da Tarquinia a Tuscania, Farnese e Bolsena, da Orvieto a
Bagnoregio, Montefiascone e Viterbo, da Gualdo Tadino a Nocera Umbra, Colfiorito e Assisi, tanto
per citare alcuni dei comuni ed aree interessate ove sta vibrando la protesta, i progetti sono oggetto di marcate e numerose contestazioni, spesso sul metodo per carenze partecipative, prima ancora che nel merito.
Le responsabilità dei Governi che si sono succeduti in questi ultimi anni sono enormi, a cominciare
dalla mancata definizione dei criteri (sono quasi due anni!) in base ai quali le Regioni avrebbero
dovuto entro i successivi 180 giorni individuare le aree idonee agli impianti a FER.
Le controproteste di associazioni favorevoli a questi ultimi, che peraltro invocherebbero una
ulteriore semplificazione normativa e la cancellazione delle Soprintendenze, sono del tutto risibili,
se è vero che la disciplina normativa di settore consente di attuare questi progetti in aree agricole
in deroga agli strumenti di pianificazione esistenti, sebbene si configurino come veri e propri
insediamenti industriali.
Se il Governo è di fatto latitante rispetto ai propri adempimenti, lasciando le comunità locali
indifese nei confronti dei potenti Signori del vento, sono parimenti discutibili le attività della
Commissione tecnica del MASE preposta alla verifica amministrativa e quindi alla istruttoria
tecnica dei procedimenti di VIA dei vari progetti, ove ad esempio non si tiene conto dei pochi
paletti messi a tutela del territorio, come nel caso delle fasce di rispetto dai beni paesaggistici e dai
beni culturali che vengono sistematicamente elusi o nemmeno considerati dai proponenti.
A questo punto emerge in tutta la sua nudità la miopia della manovra orchestrata dai Governi e
dai Parlamenti con l’appoggio di alcune associazioni per attuare progetti in funzione degli appetiti
dei Signori del vento e senza alcun rispetto per le comunità locali.
Ecomuseo del Paesaggio Orvietano
Il Vice Presidente
Maurizio Conticelli