La curatrice Elisa Eutizi: “Un omaggio a un’artista visionario che, con le sue tele, ha anticipato quello che sarebbe stato scoperto solo con le prime fotografie della luna”
È stata inaugurata il 16 settembre a Tarquinia, a palazzo Bruschi Falgari, la mostra di pittura intitolata “Guerino Gambella. La teoria della terra cava”. Organizzata dal Comune di Tarquinia e dalla Delegazione Fai di Viterbo, l’esposizione dedicata al pittore tarquiniese Guerino Gambella si compone di una serie di quadri raffiguranti paesaggi lunari e alieni rappresentati con plausibilità impressionante, che catturano l’attenzione e l’immaginazione attraverso colori vibranti, forme geometriche e scenari surreali.
“Abbiamo scelto le opere che più aderivano al tema del titolo della mostra e secondo un criterio cromatico – afferma la curatrice Elisa Eutizi -. I quadri riproducono la luna e paesaggi astrali e sono stati posizionati nelle sale seguendo un percorso cronologico che va dall’inizio degli anni Settanta alla fine degli anni Ottanta, con la sola eccezione di un’opera realizzata negli anni Novanta”. Al taglio del nastro hanno partecipato il sindaco di Tarquinia Alessandro Giulivi, la capo delegazione del Fai di Viterbo Lorella Maneschi, la figlia e i nipoti di Guerino Gambella, di cui ricorre il centenario della nascita e il ventennale della scomparsa.
“Ringrazio il Comune di Tarquinia e la Delegazione Fai di Viterbo per aver permesso l’organizzazione di questa esposizione in una sede prestigiosa come il palazzo Bruschi Falgari – conclude la curatrice Elisa Eutizi -. Credo che la mostra sia il dovuto omaggio a un’artista visionario che, con le sue tele, ha anticipato quello che sarebbe stato scoperto solo con le prime fotografie della luna”. L’esposizione, a ingresso libero, sarà visitabile tutti i giorni fino al 1° ottobre, dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 16,30 alle 18,30 e offrirà al visitatore l’opportunità di esplorare il lavoro di questo singolare pittore tarquiniese e di riflettere sulla sua abilità di prefigurare concetti che avrebbero trovato conferma solo successivamente, attraverso le immagini reali catturate dalle sonde spaziali.