Il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale Carmine Masiello, ha tenuto un discorso in occasione della consegna dei gradi agli allievi del 25mo corso della Scuola sottufficiali di Viterbo. Come riportato da un notiziario locale (https://www.tusciaweb.eu/2024/11/capo-maggiore-dellesercito- dobbiamo-pronti-alla-guerra-del-terzo-millennio/) il suo discorso ha ruotato intorno all’affermazione “Dobbiamo essere pronti alla guerra del terzo millennio“.
Una guerra – dice il generale – in cui “la tecnologia rappresenta la nostra arma”, è condotta da un esercito che “non nasce per fare burocrazia ma per prepararsi alla guerra che non vuole“ e, per questo, deve affrontare “una sfida culturale non semplice” in cui “è centrale guidare i giovani verso i loro sogni e formare comandanti con capacità umane e decisionali adeguate”. Rileviamo innanzitutto alcune macroscopiche contraddizioni nelle sue parole. Sviluppo tecnologico militare e cultura vengono erroneamente accomunate nel loro significato: lo sviluppo della tecnica militare da secoli persegue sempre gli stessi obiettivi, cioè distruggere e uccidere, pertanto il pensiero è rimasto lo stesso, espressione di una “cultura” bellica che non è cambiata. Se i giovani sono il futuro, perché insegnar loro come uccidere e distruggere, sapendo che possono a loro volta essere uccisi? Quale futuro c’è nell’uccidere altre persone? Altri giovani, in altre scuole di altri paesi apprendono le stesse cose con le medesime finalità: è una spirale senza fine di violenza e di odio (si, perché devi saper odiare per poter uccidere!).
La vera sfida culturale è quella di spezzare questa spirale di violenza: innovazione è creatività, è costruire ponti tra i popoli, creare dialoghi (pensieri, parole, esempi, non armi e munizioni!) e insieme cercare soluzioni ai problemi. Questo è costruire una nuova Cultura, questo è Progresso! Se i giovani sono “la locomotiva del cambiamento” perché addestrarli militarmente? Quale futuro prefigura un simile insegnamento se non sofferenze, lutti, macerie? Tolstoj diceva “se soffri sei vivo, se senti la sofferenza degli altri sei umano”: quanta umanità c’è ancora in coloro i cui “sogni” dovrebbero essere quelli di uccidere e distruggere in modo sempre più efficace? “Bisogna sviluppare il ragionamento e pensare fuori dagli schemi” – sostiene il generale – ma l’esercito E’ uno schema, da secoli, una somma di schemi precisi, rigidi, e c’è un solo modo per veramente progredire come umanità: sostituirlo con una Cultura della Pace, dell’ascolto e del rispetto reciproco. Tutte queste contraddizioni nascondono quella più grande e apocalittica: la guerra del terzo millennio è la coagulazione di quei pezzi (più volte citati da papa Francesco) che condurrebbero alla terza guerra mondiale, destinata a impiegare armi nucleari che porterebbe alla distruzione dell’intero pianeta.
La “dedizione e passione“ che il generale fa intravedere ai nuovi comandanti, se finalizzate a tale insano progetto, diventano allora un inganno, una trappola per convincerci dell’ineluttabilità della guerra, che calpesta il diritto costituzionale e quello internazionale, contro i desideri e gli interessi dei popoli (di cui fanno parte gli stessi militari e le loro famiglie), a solo vantaggio delle lobbies delle armi e della finanza transnazionale (sono queste a “volere” la guerra a ogni costo).
Denunciamo dunque parole, pensieri e azioni guerrafondaie, diciamo, con papa Francesco, che “non dobbiamo assuefarci alla guerra”, ribadiamo il nostro sostegno agli obiettori di coscienza (siano essi russi, ucraini, israeliani o palestinesi) e sottolineiamo la necessità e l’urgenza di sviluppare una Difesa Popolare Nonviolenta quale alternativa alla difesa armata.
Il Tavolo per la pace di Viterbo